Napoli in guerra by Gabriella Gribaudi

Napoli in guerra by Gabriella Gribaudi

autore:Gabriella Gribaudi [Gribaudi, Gabriella]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2023-07-18T23:00:00+00:00


I saccheggi

I saccheggi erano già cominciati all’indomani della caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, quando erano state devastate e spogliate le sedi del regime; dopo l’8 settembre, con il crollo di tutte le istituzioni dello stato, nuovi obiettivi divennero le caserme con le armi, i magazzini con le scorte alimentari, le fabbriche statali. Furono in parte rituali collettivi che seguirono e sancirono il crollo del fascismo, ma furono anche momenti durissimi di contrasto con i soldati tedeschi sulle risorse. Quasi tutti i saccheggi seguirono una dinamica simile: i tedeschi aprivano un magazzino e cominciavano a depredare, arrivavano i napoletani e contendevano il bottino ai rapinatori. A questo punto i tedeschi li affrontavano e iniziava lo scontro. In alcuni casi gli occupanti filmavano i saccheggiatori indigeni e li dileggiavano, costruendo essi stessi una prima rappresentazione della folla come plebe stracciona e impolitica, una rappresentazione che si fermerà nella memoria pubblica della città e della nazione. I ragazzini erano fra i principali protagonisti dei saccheggi; in alcuni casi agivano come avanguardie delle famiglie, perché più agili, più veloci, meno perseguibili dalle truppe di occupazione, in altri casi giravano autonomamente, come nel caso di Ernesto Minino, che considera, non a torto, il conflitto su cibo e beni materiali con i tedeschi una delle principali scintille dell’insurrezione.

«Il primo combattimento è stato all’Arenella. Abbiamo cominciato noi all’Arenella perché all’Arenella stavano i tedeschi battendo in ritirata e stavano con i camion con la roba da mangiare che andavano verso i Camaldoli per poi prendere Pianura, Soccavo. Noi abbiamo cominciato a saccheggiare e i tedeschi hanno cominciato a sparare contro la popolazione. Allora da questo punto abbiamo cominciato. [...] Incominciarono i saccheggi con i tedeschi e il primo saccheggio quaggiù che stava la fabbrica delle scarpe militari. Siamo andati là che i tedeschi c’erano però non erano iniziate le quattro giornate. Io stavo rubando un rotolo di cuoio e me lo stavo portando perché la forza ce l’avevo. Allora che è successo? Quelli mi hanno inseguito alle spalle, io sentendo questo ho lasciato e gli è andato addosso. Via! e me ne so scappato. Io sono andato per una porticina secondaria, il tedesco per la porta principale e mi ha intravisto e mi ha mitragliato, però non ha colpito me, perché io mi sono buttato in una campagna e ha colpito due poveretti. Uno è morto e l’altro gli hanno tolto il braccio, uno era il padre di un ragazzo che noi chiamavamo Pinocchio perché era col naso lungo e quell’altro invece è morto. E allora quando noi abbiamo visto tutto questo, ci siamo riuniti e abbiamo cominciato a fare le quattro giornate».

Il conflitto sul cibo e sui beni serve a svelare e a mostrare oggi in modo molto efficace la natura dell’occupante tedesco. Dice ancora Ernesto Minino: «I tedeschi non li ho mai potuti vedere. L’avevo nel sangue perché erano troppo brutali. Giù c’era un panificio, questo panificio prima delle quattro giornate faceva il pane, facendo il pane, faceva il pane tedesco, che hanno preso loro il forno.



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